giovedì 13 maggio 2010

Progettare la felicita' - I Conferenza


di Daniela Esposito



Felicità. Una delle parole più antiche, quasi in disuso oggigiorno. Tutti ne sono alla ricerca. I più ottimisti credono che sia possibile arrivare ad essa, mentre i pessimisti, la considerano un’utopia. Ebbene, con tutti gli avvenimenti che si susseguono ogni giorno, sembra quasi un’eresia credere di poter vivere felici e la ricerca di questo benessere, sembra una perdita di tempo per sciocchi. Invece c’è chi crede ancora che sia possibile PROGETTARE la felicità. Quasi lanciando una sfida, l’Istituto Italiano per le Comunicazioni - ICOM , ha deciso di dare avvio a una serie di incontri seminariali, su quella che può essere una progettazione vera e concreta della Felicità.

Il primo incontro, ha avuto luogo il 21 Novembre 2009 nell’antico refettorio della Chiesa di Santa Maria La Nova, un luogo molto suggestivo, che con la sua armonia trasmette un senso di serenità, immettendo i partecipanti al convegno in un contesto quasi anticipatore dell’argomento centrale: LA FELICITA’.

A questo primo incontro, coordinato dal Professor Antonio Virgili saggista e consulente scientifico dell’Istituto Italiano per le Comunicazioni, erano presenti: il Prof. Arcangelo Giamundo, neurochirurgo, Docente presso l’Università Federico II di Napoli, il Prof. Enrico Pugliese, Docente di Sociologia all’Università La Sapienza di Roma, il Dr. Giuseppe Fuschino, medico di base, nonché Consigliere provinciale, il Prof. Massimo Scalfati, avvocato civilista e Presidente dell’Istituto Italiano di Scienze Sociali.

Il dr. Fuschino ed il professor Giamundo, hanno affrontato il tema della felicità in una prospettiva individuale e di relazioni interpersonali, sottolineando anche il ruolo del dolore. Il professor Pugliese si è incentrato sull’aspetto sociale, il livello cioè, delle relazioni umane e come esse possano generare o meno la felicità.

L’avvocato Scalfati invece, ha trattato il livello della relazione cittadini-Stato e come quest’ultimo, dovrebbe assicurare la felicità agli abitanti di un dato Paese, come nel 1776, si affermava nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America.

Un viaggio quindi che parte dall’Io per arrivare alla “più alta e nobile costituzione giuridica e filosofica (Hegel) Lo stato. Il professor Virgili ha collegato i vari aspetti del tema chiarendo anche il senso della progettualità e citando G. B. Shaw Non abbiamo diritto di consumare felicità senza produrne, più di quanto abbiamo diritto di consumare ricchezze senza produrne”.

Dopo una breve introduzione del professor Virgili, è intervenuto il dottor Fuschino, che ha paragonato la felicità, all’andare incontro al prossimo, al lavoro come mezzo per rendere la vita degli altri migliore e, soprattutto, ha sottolineato molto il rapporto vero e concreto tra le persone, il quale rende possibile un rapporto di amicizia, quello che si crea tra un medico ed un paziente.

L’intervento del professor Giamundo ha invece esplorato gli animi umani.

La Felicità è l’assenza di sofferenza sia fisica che psichica. Frase banale all’apparenza, ma che racchiude in sé tutto il vero significato dello stare bene, dell’essere felici.

Come Epicuro scrive nella sua lettera a Miceneo “E’ bello occuparsi del benessere dell’animo nostro”.

Ecco il significato più alto forse del termine Felicità. Lo stare bene con sé stessi prima di tutto, per potersi poi rapportare agli altri. Non bisogna considerare il dolore sempre e solo come qualcosa di negativo ma, “Ogni dolore è male, ma non tutti sono sempre da fuggire” come dice ancora Epicuro.

Il Professor Giamundo ha infatti precisato, che il doloro fisico ci fa male ma è una difesa dell’organismo, è un evitamento del pericolo che ci fa capire le cause del nostro male e ci aiuta a sconfiggerlo. Così è anche per il dolore psichico che è sempre sconfiggibile grazie all’educazione al dolore. Bisogna imparare a soffrire ed imparare dal dolore. Molto significativo, l’esempio portato dal Professore: “Un bravo pugile non è solo colui che sa sferrare colpi forti ma è soprattutto quello che sa attutire i colpi e non sentirne più il dolore”.

Probabilmente solo soffrendo si impara ad evitare le situazioni spiacevoli ed a considerare tante altre situazioni negative in chiave positiva.

“…Giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo”(Epicuro)

Il professor Pugliese ha invece individuato la felicità in un orientamento nei valori sociali, l’eguaglianza che ci aiuta a vivere meglio ed il Welfare State che ci tutela.

Una felicità collettiva quindi, un’apertura verso l’altro, che ci porta ad un tema attualissimo che è quello dell’immigrazione. L’accoglienza di queste persone che lasciano i propri Paesi alla ricerca proprio di questo benessere che tutti rincorrono.

L’avvocato Scalfati, infine, ha considerato il ruolo che lo Stato può e dovrebbe avere, attraverso strumenti per il perseguimento della felicità attraverso le politiche del lavoro, della assistenza, della giustizia. Ha quindi citato, criticandone la superficialità ed insipienza, i molti politici odierni che –oramai indipendentemente dagli orientamenti- non prendono quasi in considerazione quei principi della Costituzione Italiana per i quali si dovrebbe lavorare mirando alla loro concreta realizzazione.

Utopia o meno, c’è ancora chi nella felicità ci crede. Con una altra citazione, stavolta di Voltaire: “ L’uomo cerca la felicità come un ubriaco cerca casa sua: non riesce a trovarla ma sa che esiste”, il professor Virgili ha concluso quest’incontro ricordando che tutti siamo alla ricerca di questo stato di benessere ma dimenticandoci che forse dovremmo essere noi in primis a contribuire a produrre la felicità per quanti abbiamo attorno. Forse anche ciò ci renderebbe un po’ più felici.

lunedì 16 febbraio 2009

I venti anni della "Convenzione sui diritti dell'infanzia" - 1989-2009

CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL'INFANZIA Convenzione sui diritti dell'infanzia approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge del 27 maggio 1991 n. 176 depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991

PRIMA PARTE

Articolo 1 (generali)Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile.

Articolo 2 (identità)1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.

Articolo 3 (generali) In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.2. Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati.3. Gli Stati parti vigilano affinché il funzionamento delle istituzioni, servizi e istituti che hanno la responsabilità dei fanciulli e che provvedono alla loro protezione sia conforme alle norme stabilite dalle autorità competenti in particolare nell'ambito della sicurezza e della salute e per quanto riguarda il numero e la competenza del loro personale nonché l'esistenza di un adeguato controllo.

Articolo 4 (generali) Gli Stati parti si impegnano ad adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi e altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla presente Convenzione. Trattandosi di diritti economici, sociali e culturali essi adottano tali provvedimenti entro i limiti delle risorse di cui dispongono e, se del caso, nell'ambito della cooperazione internazionale.

Articolo 5 (generali) Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest'ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l'orientamento e i consigli adeguati all'esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione

Articolo 6 (salute)1. Gli Stati parti riconoscono che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita.2. Gli Stati parti assicurano in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo.

Articolo 7 (identità)1. Il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi.2. Gli Stati parti vigilano affinché questi diritti siano attuati in conformità con la loro legislazione nazionale e con gli obblighi che sono imposti loro dagli strumenti internazionali applicabili in materia, in particolare nei casi in cui, se ciò non fosse fatto, il fanciullo verrebbe a trovarsi apolide.

Articolo 8 (identità)1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, cosÏ come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali.2. Se un fanciullo È illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua identità o di alcuni di essi, gli Stati parti devono concedergli adeguata assistenza e protezione affinché la sua identità sia ristabilita il pi[breve] rapidamente possibile.

Articolo 9 (famiglia)1. Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione È necessaria nell'interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo.2. In tutti i casi previsti al paragrafo 1 del presente articolo, tutte le parti interessate devono avere la possibilità di partecipare alle deliberazioni e di far conoscere le loro opinioni.3. Gli Stati parti rispettano il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i genitori, a meno che ciò non sia contrario all'interesse preminente del fanciullo.4. Se la separazione È il risultato di provvedimenti adottati da uno Stato parte, come la detenzione, l'imprigionamento, l'esilio, l'espulsione o la morte (compresa la morte, quale che ne sia la causa, sopravvenuta durante la detenzione) di entrambi i genitori o di uno di essi, o del fanciullo, lo Stato parte fornisce dietro richiesta ai genitori, al fanciullo oppure, se del caso, a un altro membro della famiglia, le informazioni essenziali concernenti il luogo dove si trovano il familiare o i familiari, a meno che la divulgazione di tali informazioni possa mettere a repentaglio il benessere del fanciullo. Gli Stati parti vigilano inoltre affinché la presentazione di tale domanda non comporti di per sé conseguenze pregiudizievoli per la persona o per le persone interessate.